EMO DIETA, suggestiva o efficace?
Per quanto concerne il tema “Nutrizione-Salute-Benessere” oggetto di notevole dibattito è la “Dieta Del Gruppo Sanguigno” (in inglese “AB0 blood group diet”), da molti chiamata anche “Emodieta” (dal greco αἶμα=sangue).
L’emodieta, inizialmente teorizzata nel 1957 dal naturopata statunitense James D’Adamo, fu in seguito strutturata dal figlio Peter J. D’Adamo e descritta nel libro “Eating right for your type” pubblicato nel 1997.
Partiamo dallo stabilire che questo regime alimentare non nasce con lo scopo di essere una dieta dimagrante, ma si prefigge il miglioramento dello stato di salute dell’individuo e la riduzione di tutti i fattori di rischio riguardanti malattie croniche e patologie cardiovascolari. L’emodieta si basa sull’ipotesi che i vari gruppi sanguigni, (A, B, AB e O) si siano formati in periodi evolutivi differenti e secondo stili alimentari e comportamentali diversi tra loro e differenzia il genere umano nei seguenti gruppi:
•cacciatore/raccoglitore (gruppo O)
•agricoltore (gruppo A)
•nomade/pastore (gruppo B)
• moderno/enigma (gruppo AB)
D’Adamo suddivise i vari alimenti in liste differenti secondo il gruppo di appartenenza, per ognuno dei quali elencò cibi “benefici”, cibi “neutri” e cibi “nocivi”. Tale classificazione derivava dall’osservazione di persone che, pur seguendo una dieta scrupolosamente vegetariana e povera di grassi o assumendo esclusivamente cibi “salutari”, non solo non riuscivano a trarne benefici, ma sembravano addirittura peggiorare. D’Adamo, dunque, giunse alla conclusione che doveva per forza esistere un qualcosa che rendeva un cibo “buono o cattivo” per una persona, indipendentemente dal regime dietetico seguito. Nella sua teoria un ruolo fondamentale è rivestito dalle lectine, un ampio gruppo di proteine che legano gli zuccheri (sugar-binding proteins) e che sono estratte da diverse fonti (piante, virus, microrganismi, animali). Queste proteine, se introdotte nell’alimentazione di persone con il gruppo sanguigno “non compatibile”, causerebbero l’agglutinazione delle cellule ematiche ed un processo infiammatorio con dei sintomi tipici di una “pseudo-intolleranza”.
La teoria dell’emodieta ha postulato, inoltre, una maggiore incidenza di alcune patologie in relazione al gruppo sanguigno. Per esempio: il gruppo A soffrirebbe prevalentemente di anemia, disturbi epatici e diabete di Tipo 1, il gruppo B di malattie autoimmuni (che contrasta con quanto detto per il gruppo A, visto che il diabete di Tipo 1 è una patologia autoimmune nella gran parte dei casi) e il gruppo AB di patologie cardiovascolari.
Nel suo libro Eat Right 4 Your Type, D’Adamo ha introdotto il concetto di soggetto secretore / soggetto Non-secretore. Per i gruppi ABO (come per altri) esiste ancora un’altra proprietà: la capacità di secernere gli antigeni in fluidi biologici e specialmente nella saliva. Gli individui possono quindi classificarsi in “secretori” e “non secretori”. La capacità di secrezione è un carattere dominante, indipendente dai gruppi ABO. Lo stato di non-secretore sembrerebbe essere maggiormente svantaggiato rispetto ad un soggetto secretore con differenze metaboliche e maggiore tendenza allo sviluppo di patologie.
A questo punto sembra appropriato porsi una domanda: cosa troviamo al riguardo tra la letteratura scientifica?
Se si effettua una ricerca su PubMed, Medline, Embase, Cochrane Library o oltre banche dati della letteratura medica mondiale, ci si accorge che studi condotti con rigore scientifico riguardo la dieta dei gruppi sanguigni sono praticamente inesistenti ed i dati finora ottenuti non confermano quanto postulato dagli ideatori della dieta dei gruppi sanguigni.
Una revisione sistematica ha identificato e valutato criticamente gli studi pubblicati sulle “diete dei gruppi sanguigni” (Cusack L, De Buck E, Compernolle V, Vandekerckhove P. Blood type diets lack supporting evidence: a systematic review. Am J Clin Nutr. 2013 Jul; 98(1):99-104. doi: 10.3945/ajcn.113.058693. Epub 2013 May 22.). Sedici articoli sono stati identificati da un totale di 1415 ed un solo articolo è stato considerato ammissibile in base ai criteri di selezione; non sono stati identificati studi che hanno mostrato gli effetti sulla salute delle “diete dei gruppi sanguigni”. Le conclusioni cui questa revisione giunge sottolineano l’attuale mancanza di prove che attestino i presunti benefici per la salute di tali diete ed esprime la necessità di futuri studi metodologicamente corretti.
Un recente studio (Wang J, García-Bailo B, Nielsen DE, El-Sohemy A. ha analizzato l’efficacia della famosa quanto bizzarra “emodieta” o “dieta dei gruppi sanguigni”. ABO genotype, ‘blood-type’ diet and cardiometabolic risk factors. PLoS One. 2014 Jan 15;9(1):e84749. doi: 10.1371/journal.pone.0084749. eCollection 2014.) ha analizzato l’efficacia di un’alimentazione basata sul proprio gruppo sanguigno giungendo alla conclusione che diete diverse hanno conseguenze diverse sulla salute e che in alcuni soggetti monitorati si notavano effetti favorevoli su alcuni marcatori di rischio cardio-metabolico. Gli effetti positivi riscontrati sono risultati, però, indipendenti dal fenotipo ABO (ossia dal gruppo sanguigno) di un individuo.
Fin dalla sua elaborazione iniziale, la teoria del legame tra dieta e gruppi sanguigni ha mostrato elementi di vaghezza; inoltre, pur assimilando alcune evidenze scientifiche, non le approfondisce o le utilizza impropriamente.
Alcune considerazioni:
– questa teoria appare estremamente riduttiva in considerazione del fatto che:
essa prende in considerazione esclusivamente il sistema gruppo-ematico ABO differenziando la popolazione mondiale esclusivamente in 4 gruppi;
il sistema gruppo-ematico ABO è estremamente complesso e presenta un notevole polimorfismo (fenotipo “Bombay”, fenotipi “deboli”, etc …);
– è nota la presenza di numerose molecole sulla membrana dei globuli rossi (Antigeni) che caratterizzano diversi gruppi sanguigni (sistema gruppo-ematico Rh, Kell, Kidd, Duffy, etc…). (Dean L. Blood Groups and Red Cell Antigens [Internet]. Bethesda (MD): National Center for Biotechnology Information (US); 2005. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK2261)
– L’evoluzione dei gruppi sanguigni ipotizzata da D’Adamo non trova riscontri nella filogenetica; dagli ultimi studi sembra, ad esempio, che i gruppi A e B devono essere esistiti nei nostri antenati primati, e che una successiva loro inattivazione/espressione a livello della popolazione ha portato alla diversità dei gruppi A, B, AB e O. (Yamamoto F, Cid E, Yamamoto M, Saitou N, Bertranpetit J, Blancher A. An integrative evolution theory of histo-blood group ABO and related genes. Sci Rep 2014 Oct 13;4:6601. doi: 10.1038/srep06601.)
– Il ruolo delle lectine e la loro capacità di dare agglutinazione dei globuli rossi del soggetto che le ingerisce è ancora tutto da chiarire. La quasi totalità delle lectine che introduciamo con la dieta non sono gruppo sanguigno specifiche, cioè non danno agglutinazione con tutti i gruppi sanguigni o non danno affatto agglutinazione. Il fatto, poi, che in vitro ed in determinate condizioni sperimentali, i globuli rossi vadano incontro ad agglutinazione non implica necessariamente analoghi comportamenti in vivo (nelle persone) con possibili ripercussioni sullo stato di salute. Le lectine sono termolabili, quindi la cottura è in grado di ridurne l’attività ed in vivo sono soggette al processo digestivo. Inoltre, nei test di laboratorio gli alimenti vengono messi a contatto diretto con i globuli rossi, diversamente da ciò che avviene nel nostro corpo. (Liener, Irvin, ed. The lectins: properties, functions, and applications in biology and medicine. Elsevier, 2012.)
– Se fosse vera l’ipotesi relativa al consumo di latticini, tutti gli intolleranti al lattosio o con allergia alle proteine del latte dovrebbero appartenere solo al gruppo O, mentre per i gruppi AB e B non dovrebbe sussistere alcun problema; in realtà non è così.
– Stilando un elenco dei cibi proibiti, più o meno implicitamente, si sostiene che in persone che hanno dei malanni sia lecito pensare che essi derivino esclusivamente dal consumo del cibo X piuttosto che del cibo Y.
– Non viene spiegato come molte persone godano di buona salute pur non seguendo i dettami dell’emodieta.
Nel corso degli anni, alcune delle associazioni più strane (ad esempio, tratti della personalità, quoziente di intelligenza, profilo socio-economico della popolazione e problemi digestivi legati allo specifico gruppo sanguigno, una spiccata propensione ad ubriacarsi nelle persone di gruppo A, una migliore dentatura nelle persone di gruppo O, etc…) sono state teorizzate e pubblicate. Ad esempio, la Ketsuekigata è una dottrina molto seguita in Giappone secondo la quale il gruppo sanguigno è un attendibile rivelatore della personalità e delle attitudini psicofisiche degli individui. La teoria risale al 1916, ma ricevette la sua prima formulazione nel 1927, a opera di Takeji Furukawa. Negli anni ‘70 ed ’80 il giornalista Masahiko Nomi e suo figlio Toshitaka la riportarono all’attenzione del grande pubblico nei loro libri, ma in nessun articolo scientifico metodologicamente valido.
Di converso, sempre più studi (condotti secondo rigorosi parametri scientifici) sono stati eseguiti, sono attualmente in corso e saranno eseguiti con l’intento di accumulare prove che dimostrino se il sistema gruppo-ematico ABO, oltre al suo importantissimo ruolo in immunoematologia e nella pratica trasfusionale, svolga un ruolo chiave in varie malattie umane come quelle cardiovascolari, neoplastiche e nei disordini infettivi. (Franchini M, Bonfanti C. Evolutionary aspects of ABO blood group in humans. Clin Chim Acta. 2015 Feb 14;444:66-71.)
A questo punto, un’ulteriore domanda: ma perché l’emodieta a volte sembra essere efficace?
Alcuni soggetti adottano queste diete perché stanno male a causa del loro stile di vita sbagliato; appare inevitabile, dunque, che una variazione delle loro errate abitudini alimentari comporti di per sé un miglioramento. Ragionando in termini probabilistici, essendoci una grande variabilità tra le persone è assolutamente ragionevole pensare che con alcune di esse la dieta del gruppo sanguigno funzioni; ciò non vuol dire, però, che essa apporti effetti benefici in tutti i soggetti.
Non va, poi, escluso un possibile ‘”effetto placebo”; cioè il semplice fatto che essere convinti di seguire una dieta che porterà dei vantaggi determini esso stesso un miglioramento.
Data la mancanza di evidenze scientifiche e trial clinici che confermino la validità delle diete del gruppo sanguigno, quello dell’emodieta può annoverarsi tra i moderni miti sui gruppi sanguigni; sino a quando non emergeranno prove che inducano a pensare diversamente, la regola di un’alimentazione equilibrata, associata all’attività fisica ed ad un salutare stile di vita, sembra essere la strada da seguire nell’ottenimento e nel mantenimento di una buona condizione psico-fisica.
Sempre valida, inoltre, risulta la prassi di non approcciarsi mai a regimi dietetici e nutrizionali in modo arbitrario e senza le dovute conoscenze, ma di affidarsi ai medici che hanno dedicato anni di studio e di aggiornamenti in materia.