In Italia quasi una persona su dieci ha gli anticorpi per l’epatite E, segno che è entrata in contatto con il virus, che nel nostro paese si trasmette soprattutto per via alimentare. Lo ha scoperto il primo studio sulla prevalenza nazionale fatto sui donatori di sangue dal Centro Nazionale Sangue e dall’Istituto Superiore di Sanità, presentato il 4 aprile 2017 a Roma. Quella da epatite E è un’infezione ‘a due facce’, che nei paesi in via di sviluppo, dove sono presenti i genotipi 1 e 2, fa decine di migliaia di morti l’anno.
In Italia quasi una persona su dieci ha avuto l’Epatite E
Infezione asintomatica nel 90% dei casi, trasmissione prevalente via alimenti
In Italia quasi una persona su dieci ha gli anticorpi per l’epatite E, segno che è entrata in contatto con il virus, che nel nostro paese si trasmette soprattutto per via alimentare. Lo ha scoperto il primo studio sulla prevalenza nazionale fatto sui donatori di sangue dal Centro Nazionale Sangue e dall’Istituto Superiore di Sanità, presentato il 4 aprile 2017 a Roma.
Quella da epatite E è un’infezione ‘a due facce’, che nei paesi in via di sviluppo, dove sono presenti i genotipi 1 e 2, fa decine di migliaia di morti l’anno. In quelli industrializzati, in cui i genotipi prevalenti sono 3 e 4, la malattia è nel 90% dei casi asintomatica, mentre può dare epatiti acute e croniche in pazienti immunodepressi. Per verificarne la prevalenza sono stati analizzati oltre 10mila campioni da donatori di sangue di tutta Italia. “Nell’8,6% dei campioni sono stati trovati gli anticorpi per il virus – ha spiegato Simonetta Pupella, coordinatrice dell’Area sanitaria del Cns, durante il convegno ‘Virus dell’epatite E e sicurezza del materiale biologico umano’ -, segno che nel passato c’è stato un contatto con il virus. Il dato ha una grande variabilità sia regionale che all’interno delle singole regioni”.
La prevalenza minore è stata trovata in Basilicata, con il 2,2%, un decimo di quella dell’Abruzzo, che è risultata del 22,2%. In generale le regioni dell’Italia centrale, Abruzzo, Marche, Lazio, Toscana e Umbria, e la Sardegna hanno mostrato la prevalenza maggiore, dovuta probabilmente al consumo maggiore di carne cruda di maiale, ad esempio le salsicce di fegato che diversi studi hanno indicato come possibile veicolo. In nessuno dei campioni è stato invece trovato il virus attivo e capace di replicarsi.
“Lo studio è stato condotto su indicazione del Centro di Controllo delle Malattie del ministero della Salute – spiega Giancarlo Maria Liumbruno – ed è solo il primo step. Ora proseguirà con uno studio prospettico, in cui il virus verrà cercato in donatori arruolati tenendo conto dei dati di prevalenza emersi da questo studio. L’infezione è considerata una malattia emergente in Europa, e tutti i paesi stanno iniziando ad analizzarla con attenzione per valutare l’eventuale necessità dell’adozione di misure di screening”.
Per quanto riguarda l’epatite acuta da virus E il paese europeo con più casi è la Francia, che nel 2014 ne ha avuti 1825, mentre in Gran Bretagna ne sono stati censiti 800. In Italia la rete del ministero della Salute ha trovato tra il 2007 e il 2016 211 casi, in prevalenza in uomini di età media 40 anni. “Il rischio maggiore è di una trasmissione per via alimentare per quasi tutti i pazienti – ha osservato Dragoslav Domanovic dell’Ecdc – solo per quelli fortemente immunodepressi, che sono trattati con una grande quantità di prodotti del sangue, è maggiore il rischio di trasmissione attraverso questi prodotti”.