Intervista alla Prof. Carmen Mortellaro, ordinario di Malattie Stomatologiche e Chirurgia Orale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale e Presidente dell’Academy of Non Transfusional Hemo-Components al servizio della Medicina Rigenerativa (ANTHEC)
Come nasce questo grande interesse per gli emocomponenti ad uso topico?
Oggi tutte le specialità mediche, compresa l’odontoiatria, prestano particolare attenzione alla medicina rigenerativa, che offre innovative modalità terapeutiche su cui si stanno concentrando gli sforzi dei ricercatori.
Fino agli anni novanta, lo scopo della medicina rigenerativa in generale era stato di ripristinare tessuti e organi attraverso una riparazione chirurgica o mediante una completa sostituzione. Oggi lo scopo della medicina e della chirurgia rigenerativa è fornire all’organismo gli elementi necessari per una riparazione in vivo, inventare sostituti e presìdi in grado di fondersi, di stimolare e sostenere le capacità intrinseche del corpo a rigenerarsi e a guarire autonomamente stimolando le sue capacità di guarigione. Queste nuove modalità terapeutiche possono includere, senza limitazioni, l’uso di molecole solubili come i fattori di crescita cellulari.
I fattori di crescita piastrinici autologhi, il cui utilizzo clinico è disciplinato da oneri normativi e medico-legali, presentano il vantaggio di essere facilmente disponibili e di essere ottenuti mediante sistemi di separazione e preparazione relativamente semplici.
Come nasce l’Anthec?
La nostra Accademia è nata oltre 5 anni fa da un gruppo di professionisti con l’intento di promuovere la conoscenza e l’impiego degli emocomponenti per uso non trasfusionale in tutte le branche della medicina e chirurgia, in odontoiatria e in medicina veterinaria.
L’impiego degli emocomponenti per uso topico rappresentava allora una relativa novità in tutte le discipline chirurgiche e nella medicina-estetica. Un campo di applicazione di più recente sviluppo è stato quello della bio-stimolazione dei tessuti molli e del trattamento di lesioni cutanee post-traumatiche o legate a malattie dismetaboliche.
Grazie alla partecipazione di biologi, medici, chirurghi, odontoiatri e veterinari, l’ANTHEC rappresenta un punto d’incontro per professionisti di diversa formazione culturale ed esperienza professionale. Con il suo carattere multidisciplinare, l’Accademia ha come obbiettivo principale lo scambio di conoscenze tra ricercatori e professionisti di aree mediche differenti, con la finalità di promuovere la ricerca e lo sviluppo di protocolli clinici relativi all’impiego degli emocomponenti ad uso topico. L’Accademia intende anche garantire una formazione adeguata e libera da vincoli commerciali per i professionisti delle diverse aree medico-veterinarie.
La presenza in ANTHEC di medici trasfusionisti arricchisce inoltre il patrimonio cognitivo dell’Accademia, integrando gli sforzi multidisciplinari per la promozione dei percorsi formativi e di accreditamento secondo le vigenti norme legislative.
Quali i principali campi di applicazione degli emocomponenti ad uso non trasfusionale?
Le applicazioni cliniche degli emocomponenti a uso non trasfusionale per uso topico hanno un ruolo importante in diverse discipline mediche. Il loro utilizzo risale agli anni ’80 del Novecento, periodo in cui venivano impiegati come induttori di guarigione nelle ferite cutanee sfruttando la spinta biostimolante dei fattori di crescita contenuta nei granuli delle piastrine. Da allora l’utilizzo è aumentato in modo esponenziale destando interesse in molte discipline chirurgiche e mediche, con conseguente pubblicazione di articoli presenti in tutta la bibliografia internazionale. Tra le branche mediche che più si avvalgono dell’utilizzo degli emocomponenti a uso non trasfusionale troviamo: la chirurgia vascolare, l’ortopedia, la chirurgia plastica, l’oculistica, l’odontoiatria ed ultimamente la medicina veterinaria.
In campo stomatologico il primo impiego è stato nella preservazione dell’alveolo post estrattivo essendo l’avulsione dentaria la procedura più diffusa e la vera responsabile delle atrofie ossee maxillo mandibolari. I vantaggi che riusciamo a ottenere nello specifico sono: favorire il coagulo sanguigno; stimolare la neoangiogenesi; potenziare la chemiotassi; indurre la formazione più rapida di tessuto connettivo neoformato.
Molto sviluppato è altres’ l’uso in ortopedia con somministrazioni intrarticolari, nelle compagini muscolari e tendinee con risultati più che soddisfacenti. In altre discipline come in medicina estetica, viceversa, sono applicate ancora in fase sperimentale, per tecniche rivitalizzanti del derma o come applicazione nel cuoio capelluto per l’alopecia.
L’esperienza maturata nel suo campo disciplinare ha dato quindi buoni risultati?
La guarigione dell’alveolo post-estrattivo è un argomento di grande interesse scientifico: fin dal 1960 sono state analizzate le fasi di guarigione che si verificano a seguito di un estrazione dentaria sia a livello istologico sia a livello istochimico. Oggigiorno c’è un crescente interesse ai fenomeni di guarigione e alla conservazione dei tessuti perialveolari allo scopo di ottimizzare i tessuti per una futura riabilitazione implanto-protesica. I concentrati piastrinici si sono dimostrati particolarmente utili per indurre la guarigione dell’alveolo post-estrattivo. Il loro obiettivo principale sta nello stimolare i processi riparativi e accelerare principalmente l’angiogenesi. A tal proposito nel 2011 è stata pubblicata una revisione sistematica della letteratura che ha dimostrato come l’utilizzo dei fattori di crescita contenuti nelle piastrine rappresentino una stimolazione supplementare a quella fisiologica utile all’accelerazione dei processi di guarigione.
Numerosi studi hanno dimostrato come i concentrati piastrinici riducano il sanguinamento post-estrattivo e promuovano la rigenerazione ossea e l’epitelizzazione, con un ridotto costo biologico ed economico per il paziente. L’ottenimento di questi risultati ha reso fondamentale l’utilizzo dei concentrati piastrinici nei pazienti con patologie sistemiche: le loro proprietà biologiche permettono di arrivare a una buona guarigione anche se esistono dei deficit sistemici.
La validità dell’impiego del PRGF come supporto alla chirurgia nei pazienti in terapia con bifosfonati, per esempio, si basa sul fatto che possa favorire i processi di guarigione laddove questi siano inibiti da tali farmaci. La presenza dei fattori di crescita nel PRGF, che normalmente sono inibiti dai bifosfonati, rappresenta una stimolazione supplementare a quella fisiologica deficitaria per ottenere l’angiogenesi, la guarigione ossea e la guarigione mucosa. In aggiunta si tratta di un prodotto completamente autologo, quindi biocompatibile e più sicuro.
Per quanto riguarda l’impiego dei precipitati piastrinici nella chirurgia mucogengivale, i risultati sono ancora dibattuti in ambito scientifico. Gli obiettivi del trattamento delle recessioni dei tessuti molli gengivali sono la ricopertura della superficie radicolare fino alla giunzione amelocementizia e l’ottenimento di un aspetto clinico simile a quello dei denti adiacenti per quanto concerne il colore, l’andamento del contorno gengivale e la tessitura di superficie. Un fattore critico nella gestione della ricopertura delle recessioni gengivali è il mancato apporto vascolare all’innesto o al lembo riposizionato coronalmente durante le fasi di guarigione. L’introduzione dei concentrati piastrinici nella terapia dei tessuti molli ha cambiato anche le tempistiche di guarigione e ha agevolato l’approccio chirurgico di interventi come gli approfondimenti di fornice, le exeresi di fibromi sottoprotesici e l’escissione di neoformazioni benigne gengivali in cui vi sia esposizione periostale. Per il trattamento dei tessuti molli si sfruttano le proprieta biostimolanti e quelle fisico chimiche dei concentrati piastrinici, in particolare la capacità di controllare l’emostasi e di proteggere la ferita chirurgica.