09/04/2019 – Il sistema sangue italiano, come quelli europei, deve prepararsi all’eventualità di dover affrontare focolai di malattie infettive ‘emergenti’, come già visto ad esempio con l’epidemia di Chikungunya (per la quale nel 2017 non era ancora disponibile un test specifico per la qualificazione biologica del sangue donato), che possono mettere a rischio anche le scorte di sangue, costringendo ad esempio a sospendere le donazioni in territori molto ampi per evitare il rischio di contagio tramite trasfusioni. Tra le strategie per difendersi ci sono anche le cosiddette tecniche di “riduzione dei patogeni”, procedure che abbattono i possibili contaminanti prima che i prodotti del sangue vengano usati. Se ne è discusso ad un meeting organizzato congiuntamente dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) e il Centro Nazionale Sangue, a cui hanno partecipato rappresentanti degli stati dell’UE e anche degli Usa, e che si è appena tenuto a Roma nella sede dell’Istituto Superiore di Sanità.
Nei prossimi anni, hanno sottolineato gli esperti durante la conferenza “Pathogen Inactivation of blood and blood components”, i cambiamenti climatici, che rendono sempre più diffusi insetti che prima non erano presenti in Europa, uniti ai flussi migratori e agli spostamenti delle persone, rendono sempre più alto il rischio di arrivo di patogeni ‘esotici’. Le tecnologie di riduzione dei patogeni sono in continua evoluzione, e a breve sarà possibile applicarle a quasi tutti i prodotti del sangue. “La difesa principale è un buon sistema di sorveglianza, in cui i casi vengono trovati appena emergono e la notizia viene condivisa immediatamente con gli altri Stati e con noi, in modo da elaborare una strategia di reazione – spiega Dragoslav Domanovic dell’ECDC -. In caso di malattie per cui non ci sono test diagnostici le tecniche di riduzione dei patogeni possono essere una buona strategia per diminuire il rischio che il sangue e gli emoderivati destinati ai pazienti siano contaminati. Queste strategie sono state già raccomandate per il virus Zika e altri focolai di malattie, come Chikungunya, specialmente quando sono avvenuti in aree con un alto numero di potenziali donatori in cui la loro sospensione poteva creare carenze significative nelle scorte di sangue”.
Al momento, sottolinea il direttore del Centro Nazionale Sangue Giancarlo Maria Liumbruno, l’Italia ha la possibilità di attuare le tecniche di riduzione dei patogeni solo in alcune regioni. “Fino a questo momento i focolai di malattie emergenti, o anche di quelle che ormai sono diventate endemiche nel nostro paese come il West Nile Virus, oggetto ormai di un vero e proprio piano la cui edizione 2019 è stata appena pubblicata dal ministero della Salute, sono stati gestiti senza grandi ripercussioni sulle scorte di sangue – precisa -. Per tradurre però in pratica alcune delle indicazioni emerse dal meeting sull’inattivazione potrebbe essere necessario valutare con i centri delle sei regioni che al momento hanno disponibili queste tecniche l’opportunità di costituire un modello di interazione all’interno della rete trasfusionale nazionale”.
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